ArteSera / n°14 / Collezione ArteSera / Andrea Massaioli
Questo numero sul viaggio è il luogo ideale per Andrea Massaioli, in cui è l’ospite perfetto, ma anche un virgilio. Andrea viaggia da decenni attraverso mondi, tempi, prospettive, percezioni. Un lungo percorso dentro alla dimensione della pittura come dimensione totale, fatta di disegno e colore, che spesso ha trasformato in scultura. La sua storia è quella di un osservatore con i sensi all’erta, che filtra nel suo immaginario tutto ciò che “sente”, dentro e fuori. Così i suoi paesaggi, umani e vegetali, macro e micromondi, ancorati alla terra o al cielo. Così i suoi soggetti, umani e vegetali ma anche animali, alieni, in metamorfosi, cangianti, ambigui, che ti assorbono mentre li osservi. I suoi ultimi anni sono pieni di “notturni” su Torino, che lui vede e trasfigura da un punto della collina dove abita, da cui gli appaiono luci e colori, ma distanti, senza il rumore. Sono visioni acide e magiche che si fondono con altri elementi, come se la notte diventasse una superficie trasparente di proiezioni complesse, sovrapposte, mai fisse. Questa lumaca ha la consistenza onirica di un animale sacro, simbolico, con la sua spirale che racchiude l’universo, la luce e il buio come un gorgo. Gli ho chiesto cosa fosse questo suo grande lavoro (titolo del lavoro in pagina), sempre tentato dal dissolversi della figurazione per sprofondare nella materialità del colore puro, liquido, organico, acrilico, antico e vivo. Domanda semplice e totale insieme. Andrea mi ha risposto che è un ritratto (alla mia città, ma non così dettagliato, potrebbe essere los angeles… ), è un paesaggio (si gioca con le profondità, con il sublime, la natura..), è una visione, un viaggio nell’immaginario, (due lumache in accoppiamento, quasi come divinità, figure della fertilità, apotropaiche, propiziatrici per tutta la città, fecondatrici di luce…), e poi un discorso sulla pittura,(liquidità, luce/buio, intensità dei colori come saturazione del desiderio…).
E voglio usare una poesia di wislawa szymborska per raccontarlo da un altro punto di vista…..
Olga Gambari / 2012
Il cielo di wislawa szymborska
Da qui si doveva cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un’apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L’ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.
Persino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n’è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.
Friabili, fluenti, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.
Mangio il cielo, evacuo il cielo.
Sono una trappola in una trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta ad una domanda.
La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.